Altosalento riviera dei trulli benvenuti in Puglia
BOZZETTI DI VIAGGIO
Dall'Enciclopedia Treccani riportiamo la definizione di Terra d'Otranto.
"È la parte estrema della regione pugliese, che si allunga fra il Mare Adriatico, il Canale d'Otranto e il Mare Ionio a formare il cosiddetto "tallone d'Italia" e prende il nome dalla città di Otranto, che vi ebbe sia nell'antichità sia nell'alto Medioevo grande importanza e fu sede del governo bizantino, ai cui tempi risale appunto la prima denominazione di "Terra d'Otranto". Dei tre giustizierati in cui da Federico II fu divisa la Puglia, il più meridionale costituì naturalmente la Terra d'Otranto; esso abbracciava tutta la Penisola Salentina e una parte della regione delle Murge, estendendosi a NO. fino al Bradano e includendo quindi anche il territorio materano. Press'a poco con tali limiti questa circoscrizione fu conservata sotto gli Angioini, i Durazzeschi e gli Aragonesi. Durante il dominio spagnolo, nel 1663, il territorio di Matera fu tolto alla Terra d'Otranto e assegnato alla Basilicata. Dal 1663 fino al 1923, salvo le innovazioni di breve durata apportate dalla repubblica partenopea, la Terra d'Otranto conservò pressoché invariati i suoi confini, che nell'uso comune si facevano coincidere con quelli amministrativi della provincia di Lecce."
La Provincia di Lecce (Terra d'Otranto) comprendeva le odierne province di Lecce, Taranto e Brindisi con l'eccezione di Fasano e Cisternino che appartenevano alla Terra di Bari. Nel 1923, nasce la provincia dello Jonio (dal 1951 provincia di Taranto) e nel 1927 nasce la provincia di Brindisi alla quale furono aggregati Fasano e Cisternino.
In questa pagina riportiamo collegamenti e un estratto dall'opera "La Provincia di Lecce – Bozzetti di viaggio" del Prof. Cosimo De Giorgi, illustre studioso che, nella seconda metà dell'800, dopo aver visitato tutto il Salento ne descrive le sue impressioni e considerazioni.
Quanto segue riguarda la parte dell'allora Provincia di Terra d'Otranto che oggi si identifica con l'Altosalento.
- Ostuni
- Da Oria a Francavilla Fontana
- Da Brindisi a San Vito dei Normanni
"L’orografia della parte nord-occidentale della Terra d’Otranto è
la sola che meriti uno studio accurato per l’altezza delle colline sul livello
del mare, per la loro distribuzione ed allineamento. I colli della parte
meridionale sono di assai minor rilievo. Le prime sono la continuazione delle
Murge baresi, ed affatto
indipendenti geograficamente da quelle della Basilicata; i secondi formano un
gruppo orografico distinto, perché interrotto dalla grande pianura o
depressione, altra volta citata, dell’istmo
salentino, e nei loro assi si presentano allineati, come le prime,
da N.O. a S.E.
Facendo una serie di sezioni altimetriche, nella parte nord-occidentale della
penisola salentina, dirette da S.O. a N.E., cioè dal Jonio all’Adriatico, e
perpendicolari agli assi summentovati, rileveremo questo fatto: che le colline
più elevate della provincia di Lecce sono quelle allineate lungo il Jonio,
sebbene molte lontane da questo. Sono i così detti
Monti di Martina, i quali oscillano in altezza da 425 a 500
metri sul mare e toccano 529 metri (altezza massima della Terra d’Otranto)
nell’acrocoro di Orimini, a ponente di Martina. Da questa serie orografica, che
con alti e ripidi gradini a larghi terrazzi si adima fino alla costiera jonica,
comincia un gran piano inclinato che si estende fino alla colline che
costeggiano l’Adriatico, alla distanza di 5 a 7 chilometri da questo mare, e
sono dette, secondo i paesi,
Monti di
Fasano,
di Ostuni,
di Carovigno.
Questi variano in altezza da 180 a 360 metri sul mare ed in qualche punto più
culminante (Selva
di Fasano) giungono a 417 metri. Anche su questo versante
dell’Adriatico si scorge lo stesso aspetto di quello jonico ma con
terrazzi più stretti e con gradini più scoscesi.
Quel gran piano inclinato non è però veramente pianeggiante ma è tutto ondulato nella stessa direzione da S.O. a N.E., e vi si trovano quindi delle colline e delle depressioni, delle valli e dei bacini chiusi. Basta percorrere la via che da Ostuni mena a Ceglie Messapica per riconoscerne a vista d’occhio la conformazione, perché alla mente acutissima d’una talpa d’ingegnere venne l’idea di tracciare addirittura una linea retta dal convento dei Cappuccini di Ostuni alla cupola goffa e barocca della parrocchiale di Ceglie, forse per esercitare la pazienza degli uomini, la forza muscolare dei cavalli e la tenacità delle molle delle carrozze. È un’altalena continua che noi subiremo traversando le contrade Fuori fuoco, Le Camere, Traghetto, San Benedetto, San Paolo piccolo, Sessano, San Paolo grande e Genovesi prima di salire sulla collina di Ceglie. Ceglie Messapica è collocata quasi nel mezzo dell'altipiano ondulato, a 302 metri sul livello del mare, a 16 chilometri dall'Adriatico e 27 dal Jonio. Ceglie e Martina Franca sono le sole città che si trovino nel mezzo delle due serie orografiche su mentovate ed hanno entrambe vastissimi territori. Però, mentre la fondazione di Martina Franca risale al tempo degli Angioini (secolo XIV); quella di Ceglie si perde, come suol dirsi, nella lunga notte del tempo.
Tutta questa immensa zona che dai Monti di Martina si estende a quelli di Ostuni e di Fasano era quindi nei bassi tempi disabitata e coperta di boschi fittissimi di quercia ora in gran parte distrutti. Su queste colline sono stati rinvenuti alcuni oggetti preistorici dell'età archeolitica, i soli che abbiam trovato nella penisola salentina; ciò varrebbe a confermare l'opinione che in questo lembo estremo d'Italia i primi abitatori ne occuparono da prima la parte elevata, trovandovi un asilo più sicuro che nella parte bassa, più soggetta alle incursioni nemiche; e poi si estesero nelle pianure sottostanti nell'età neolitica ed in quelle del bronzo e del ferro.
I boschi sono stati convertiti in fertilissimi vigneti, in ficheti,
in campi sementabili ed uliveti; i prodotti agrari discendono agevolmente verso
i porti di Taranto e di Brindisi.
Gli agricoltori cegliesi
forti, sobrii, instancabili, solerti, un po’ fieri, ma svelti e intelligenti, si
sparpagliano nelle vaste campagne intorno alla città; ed emigrano – esempio
unico in Terra d’Otranto!– nei territori dei paesi vicini creandovi nuovi paesi,
come per esempio San Michele, nel tenimento di
San Vito dei Normanni, che nel breve giro di
pochi lustri ha di già 1270 abitanti, e
Villa Castelli in quel di
Francavilla Fontana. Villa
Castelli che nel 1792 era ancora una fattoria dei principi Imperiali e stazione
di scelte razze equine, divenne borgata nei primi di questo secolo, quando
Gioacchino Ungaro, duca di Montejasi, concesse ad enfiteusi molte terre presso
il Castello a parecchie famiglie cegliesi e grottagliesi; ed oggi contiene di
già 1878 abitanti, e si va sempre più allargando per l’aria buona che vi si
respira, per la fertilità del territorio e pel facile smercio dei prodotti
agrarii verso Grottaglie, Taranto e Francavilla.
Entrando in Ceglie noi la guarderemo da prima come oggi si presenta, poi nei
monumenti dei bassi tempi, ed infine nella più remota antichità; e sempre colla
guida delle tradizioni e dei monumenti.
Ceglie Messapica si aggruppa tutta sul cocuzzolo di una collina di forma conica
elevata 302 metri sul mare, nel luogo stesso dove sorgeva l’acropoli dell’antica
città dei messapi. Per la sua posizione la
città abbraccia un vastissimo orizzonte che si stende fino alle colline di
Ostuni e di Cisternino, che vanno
degradando verso Carovigno e San Vito; e tra le morbide ondulazioni di queste
ultime si affaccia il mare Adriatico, che nei giorni sereni si può seguire sino
a Brindisi. Il territorio intorno all’abitato manca affatto di paesi, ma è
gremito di fattorie, di ville, di cascine e di rustici casolari, detti
Casedde, come nel Martinese, e come questi
costruiti di lastre di calcare compatto bianco senza cemento, ad uno o a più
comignoli aggruppati insieme"